Questa seconda parte segue il primo articolo dedicato al dolore in cui abbiamo elencato in maniera molto schematica le tipologie di dolore con cui di solito abbiamo a che fare nella nostra pratica quotidiana, ma che rappresentano solo una parte di quelle descritte.

In queste righe vorrei invece parlare di terminologia del dolore, quindi andremo a definire meglio (e a dare un nome) alla sensazione che avverte il paziente e per la quale si rivolge noi.

Allodinia

Percezione di dolore rispetto ad uno stimolo che di solito non è nocicettivo (quindi non provoca dolore).

È una “falsa” percezione da parte del paziente in situazioni in cui non c’è motivo che possa giustificare lo stimolo doloroso (danno tessutale, infiammazioni, presenza di stati patologici ecc. ecc.).

Analgesia

Assenza completa di dolore nonostante vi sia uno stimolo che certamente può causarlo.

Anestesia

Mancanza di sensibilità, ovvero non c’è percezione rispetto a stimoli come calore, tatto ecc.

Ovviamente anche la percezione del dolore è assente. In alcuni casi l’anestesia può provocare dolore, di solito riferito solo a zone circoscritte.

dolore_2_01Dolore non nocicettivo

Caratterizzato dall’assenza di eccitazione dei nocicettori, situazione comune ai dolori di origine psichica.

Dolore disnocicettivo

Caratterizzato dall’assenza della zona anatomica che può generare dolore.

È il dolore causato dall’amputazione di un arto, in cui non è presente perifericamente il recettore del dolore ma il messaggio comunque viaggia sulle vie neuronali e viene elaborato dai centri nervosi.

È il dolore che si manifesta nella così detta “sindrome dell’arto fantasma”.

Dolore in sede di elezione

È il dolore irradiato dai visceri su determinate zone anatomiche superficiali (zone cutanee).

Dolore in sede epicritica

Dolore viscerale riferito sulla zona del viscere implicato o al massimo sulle zone subito adiacenti.

dolore_2_02Parestesia

È il fastidio riferito sulla zona di competenza di un nervo periferico. Descritta come formicolio, scosse elettriche, punture di spillo o torpore da parte del paziente, mai dolorosa.

Disestesia

Fastidio, raramente dolore vero, ma percepito dal paziente come strano, anomalo, difficile da descrivere, mai percepito prima, esula dalle definizioni date per le parestesie.

Ipoalgesia

Risposta diminuita ad uno stimolo doloroso, sono i pazienti che hanno veramente la soglia del dolore più alta.

Iperalgesia

Percezione di dolore importante rispetto ad uno stimolo doloroso normale.

Allochiaria

Percezione del dolore sia su una zona coerente (dove è normale percepirlo) sia su zone dove non si dovrebbe percepire.

Fonte: International Association For Study Of Pain

Il dolore è sicuramente il motivo per cui il paziente si rivolge alle nostre cure e il nostro obiettivo, essendo professionisti della salute, è quello di alleviare il dolore stesso.

Questo processo deve necessariamente avvenire attraverso l’interpretazione di quello che ci troviamo di fronte, mi riferisco non solo ai sintomi ma a tutti quegli elementi che partecipano alla percezione del dolore da parte del paziente e la condizionano.

Facilitare il paziente nel descrivere il dolore che prova facilita la nostra comprensione delle sue esigenze, inoltre ci permette di renderlo partecipe del processo di recupero, aumentando la sua conoscenza rispetto alla sua patologia.

Non è mia intenzione descrivere le condizioni fisiologiche/fisiopatologiche che generano il dolore, men che meno i processi che ci sono a monte. In letteratura ci sono riferimenti molto più autorevoli da consultare.

Queste poche righe più che aiutare il professionista, possono essere utili per i pazienti affinchè abbiano più coscienza del sintomo per il quale cercano una soluzione, in modo che indirettamente sia utile per noi professionisti la gestione del piano terapeutico.

Le fonti possibili di dolore possono essere le più svariate. Più complicato se ci troviamo di fronte a delle sindromi, quindi con un corredo sintomatologico più ampio e disparato.

Il dolore è una “complessa esperienza sensoriale” percepita come spiacevole, la sua complessità scatena nel paziente una serie di reazione che la fanno diventare la “percezione” di una “emozione”.

Per orientarci iniziamo con capire di che tipologia è il dolore.

Dolore muscolare

Il dolore muscolare può avere diverse cause in base al comportamento del muscolo in quel momento o ad un eventuale trauma diretto o indiretto.

Dolore_01Ha come caratteristica quella di insorgere quando si chiede al muscolo di svolgere la sua funzione, cioè contrarsi per creare movimento, con le dovute eccezioni. Escludiamo in questa descrizione le lesioni muscolari che hanno una clinica precisa e vengono diagnosticate spesso con esami diagnostici.

I muscoli possono generare dolore perché aumentano il loro stato di contrazione basale a causa di sovraccarico funzionale.

Il sovraccarico non sempre è il carico eccessivo sollevato per una volta, in questo caso parleremo di spasmo muscolare che è di carattere più acuto e improvviso, ma rappresenta anche la sollecitazione leggera (o leggerissima) a cui il soggetto è sottoposto ripetutamente.

Pensiamo per esempio alle posizioni lavorative, in questo caso parleremo di muscolo teso, il dolore è meno acuto ma più presente e più cronico.

Sui ventri muscolari spesso si generano zone circoscritte di dolore puntiforme con la formazione dei così detti tender points, diversi per definizione dai trigger points, che sono altrettanto circoscritti ma se stimolati irradiano il dolore a distanza attraverso il tessuto mio-fasciale.

Il dolore muscolare che invece passa con il movimento, e un dolore da insufficienza del tessuto muscolare (caratteristico per esempio negli anziani), in questo caso l’attività fisica ed il movimento stesso sono necessari.

Dolore articolare

Il dolore causato da problemi articolari ha la caratteristica di migliorare al riposo e di aumentare con l’attività (sollecitazione dell’articolazione coinvolta).  Ha insorgenza improvvisa ed è ben localizzabile, non da rigidità nei movimenti.

Dolore_02Dato che il dolore articolare può essere causato da patologie sistemiche bisogna stare sempre attenti alle sue caratteristiche. Se colpisce una o più articolazioni (di solito bilaterali e contemporaneamente) e se c’è presenza di alterazioni anatomiche articolari si può pensare a patologie reumatiche e/o infiammatorie acute. Alcuni tumori possono dare un forte dolore articolare notturno.

Dolore irradiato

È un dolore che si irradia, quindi si sposta, su un territorio diffuso e a volte distate dal punto di origine del dolore stesso. In questo caso la risposta al riposo o al movimento può essere variabile rispetto al tessuto o organo coinvolto.

  • Dolore_03Irradiazione neurologica segmentaria: il dolore si diffonde sul territori ben definiti di competenza dei nervi periferici. Può essere coinvolta la radice del nervo all’uscita dalla colonna vertebrale, definito dolore radicolare che si diffonde su tutto il territorio del nervo stesso. Se invece il nervo è coinvolto nel suo percorso avremo un dolore tronculare, e si irradia dal punto implicato verso la periferia.
  • Dolore_04Irradiazione neurologica non segmentaria: il dolore si diffonde attraverso il sistema nervoso ma nella sua parte autonoma, detta sistema nervoso neurovegetativo. Per caratteristiche anatomiche e fisiologiche questo sistema è intimamente coinvolto con la colonna vertebrale e veicola il messaggio doloroso che proviene per esempio dai visceri. L’irradiazione del dolore viscerale segue delle direzioni ben definite sui tessuti e genera il dolore riferito, che meriterebbe una descrizione a parte per la sua importanza e complessità.

Questo mio articolo non pretende di essere esaustivo data a complessità dell’argomento, vuole essere semplicemente un richiamo a delle nozioni elementari che possono essere di grande aiuto soprattutto per i pazienti.

Vi rimando alla lettura della seconda parte dove affronteremo la terminologia del dolore.

La sindrome del piriforme è una condizione patologica che colpisce la parte posteriore dell’anca dove c’è il passaggio de nervo sciatico.

Si manifesta con una contrattura del muscolo piriforme per cause irritative date da scompensi e squilibri muscolari di solito da sovraccarico funzionale.

Contraendosi, il muscolo piriforme comprime il tronco del nervo sciatico che gli passa vicino e questo causerà una irritazione più o meno costante del nervo stesso.

Sindrome_piriforme_01La sintomatologia è caratteristica, con dolore che dal gluteo arriva fino al cavo popliteo (parte posteriore del ginocchio), dolore che aumenta durante il movimento, quindi quando il muscolo si attiva o se si comprime la zona stando seduti o per la presenza del portamonete.

È evidente una limitazione articolare dell’anca ai test articolari, mentre tutti i test neurologici possono essere negativi rispetto ad un interessamento del nervo alla radice, quindi alla sua uscita dalla colonna vertebrale.

È una sindrome abbastanza facile da diagnosticare e spesso altrettanto facile da curare con le tecniche manuali e l’esercizio fisico.

Il problema spesso nasce nel momento in cui non viene riconosciuta o non si fa una buona valutazione diagnostica differenziale.

L’approccio al paziente in prima seduta è la parte più importante di tutto il percorso terapeutico.

Le giuste domande da porre e l’approfondita ricerca dei dettagli che possono fare la differenza è alla base di un buon esame anamnestico (raccolta delle informazioni del paziente).

Come nel caso di Chiara (nome di fantasia) che da mesi soffre di un dolore che dal gluteo arriva fino alla parte posteriore del ginocchio.

Le è stata diagnosticata una sindrome del piriforme e le sono stati prescritti esercizi di allungamento e mobilizzazione dell’anca.

Sindrome_piriforme_02Dopo qualche settimana il dolore non sembra migliorare e Chiara decide di fare una risonanza magnetica (RM) che mette in evidenza una serie di problematiche relative alla colonna lombare, tra cui discopatie e processi degenerativi sia articolari che dei piatti vertebrali.

Quindi il percorso continua con l’uso di un bustino contenitivo ed esercizi posturali.

Passano altre due settimane e Chiara non migliora.

Quando arriva nel mio studio io le chiedo di descrivermi i sintomi e lei mi racconta che il suo dolore è presente soprattutto quando sta ferma, migliora quando si muove e peggiora decisamente di notte, tanto da farla svegliare.

Queste informazioni rappresentano già dei campanelli d’allarme che mi fanno pensare che non ci sia di fondo un motivo muscolare e/o articolare all’origine del dolore.

Guardando la risonanza e leggendo il referto i miei dubbi si chiariscono perché c’è ben specificata la presenza di problemi ginecologici particolarmente sull’endometrio (tessuto che compone l’utero), due cisti di circa 25 mm sull’ovaio sinistro e presenza di essudato (liquido infiammatorio extravascolare).

Alle mie domande, se avesse il ciclo irregolare e/o doloroso (dismenorrea) e dolori durante i rapporti sessuali (dispareunia) la risposta di Chiara è stata affermativa.

A questo punto i test articolari o muscolari sono superflui, il mio consiglio è quello di andare a farsi visitare dallo/a specialista ginecologo/a, perché l’origine del dolore di Chiara è sicuramente di natura viscerale.

Spesso problemi ginecologici si manifestano con sintomi su altre zone come la zona lombo-sacrale o il bacino e fin qui è facile capire la relazione di vicinanza con gli organi, ma non di rado, per motivi di natura anatomico-funzionale che coinvolgono i nervi, i vasi sanguigni, i muscoli e le fasce, i problemi ginecologici si irradiano sulle anche e sulle ginocchia.

Una volta escluse patologie organiche che necessitano dell’intervento dello specialista, il trattamento manuale spesso è molto efficace in questi casi e deve prevedere, ovviamente, un buon lavoro viscerale insieme a quello articolare, muscolare e fasciale.

La corretta diagnosi differenziale, la valutazione dei sintomi che ci riferiscono i pazienti e la “gestione” delle informazioni che ricaviamo durante l’anamnesi ci permettono sempre di fare il meglio per la loro salute.

La cisti poplitea o cisti di Baker è un rigonfiamento, si presenta come una massa, nella parte posteriore o postero-mediale del ginocchio che può avere varie dimensioni.

Il liquido (edema) in esubero che si forma nell’articolazione del ginocchio penetra attraverso i piani muscolari posteriori (di solito tra  i muscoli gastrocnemio mediale e semimembranoso) del ginocchio senza poter rientrare, creando una sacca di raccolta del liquido stesso che forma la cisti.

CISTI_BAKER_01All’interno di ogni articolazione le due ossa che vengono a contatto (capi articolari), sono ricoperte di cartilagine che serve a salvaguardare la struttura dell’osso diminuendo l’attrito e migliora il movimento reciproco.

La cartilagine non è raggiunta da vasi sanguigni a viene nutrita grazie alla presenza di un velo che la ricopre chiamato membrana sinoviale (bagnata appunto dal liquido sinoviale).

Questa oltre ad avere capacità nutritive diminuisce ulteriormente l’attrito lubrificando l’articolazione. La membrana sinoviale può essere interessata da problemi infiammatori (intra-articolari e non) e per reazione aumenta la secrezione di liquido sinoviale creando un edema che è causa del gonfiore.

La cisti di Baker non è sintomatica (se le dimensioni non sono importanti), il paziente riferisce solo la presenza di una massa soprattutto quando piega molto il ginocchio.

Se le dimensioni dovessero essere eccessive si può avvertire un lieve dolore che si irradia al polpaccio. Spesso i pazienti si rivolgono allo specialista o al fisioterapista non per il dolore ma perché spaventai dalla presenza della massa.

L’aumento del liquido all’interno dell’articolazione è sempre causato da patologie intrarticolari.

CISTI_BAKER_02La condizione che più frequentemente si associa alla presenza di cisti poplitee è la lesione dei menischi, poi abbiamo la rottura del legamento crociato anteriore, ma altre condizioni patologiche possono giustificarne la presenza come le patologie reumatiche, infezioni, patologie sistemiche (che coinvolgono più sistemi dell’organismo) e non per ultima l’artrosi.

La presenza di cisti di Baker aumenta con l’aumentare dell’età proprio perché è maggiore l’incidenza di problematiche degenerative articolari. L’assottigliamento della capsula articolare, ovvero il manicotto legamentoso che circonda l’articolazione, con l’età tende ad assottigliarsi e questi rende più frequente la formazione della cisti.

Raramente la citi si rompe generando un dolore acuto nella zona postero mediale del ginocchio o al polpaccio per effetto della distensione dei tessuti sottocutanei data dalla presenza del liquido fuoriuscito. In questo caso la diagnosi differenziale con una eventuale trombo-flebite è necessaria (consigliare un eco-doppler).

CISTI_BAKER_03L’esame da consigliare quando abbiamo la presenza di una cisti di Baker è la risonanza magnetica, in questo modo abbiamo la possibilità di capire quale patologia intrarticolare possa essere la causa, quantificare la grandezza della cisti e soprattutto fare una corretta diagnosi differenziale con problemi quali la borsite del semimembranoso, cisti meniscali, masse solide di origine tumorale.

Anche l’esame ecografico è consigliabile ma si limita a definire l’entità della cisti e non ci dà informazioni relative allo stato dell’articolazione.

La cisti di Baker può regredire spontaneamente. Non esiste un trattamento specifico per questa problematica.

Il trattamento conservativo è possibile attraverso tecniche manuali volte a migliorare le tensioni o i sovraccarichi muscolari e quindi la mobilità articolare, favorire il drenaggio dei liquidi e del sangue verso il tronco, ridurre l’impatto delle eventuali patologie intra-articolari.

In alternativa il chirurgo può optare per l’aspirazione del liquido all’interno della cisti o per l’intervento se la causa è data da una patologia severa dell’articolazione.