Siamo in estate, ed è piacevole finalmente camminare a piedi nudi senza calzature che li avvolgono costantemente.

È gradevole stare scalzi dentro le nostre abitazioni (godendoci magari un pò di fresco del pavimento), su un prato d’erba o sulla sabbia di una spiaggia.

Ma cosa dice la scienza riguardo al camminare a piedi nudi?

Fa sempre bene?

È utile per i nostri figli in modo da favorire il giusto sviluppo muscolo-scheletrico delle articolazioni degli arti inferiori?

Fa bene fare sport scalzi?

Cerchiamo di fare un pò di chiarezza e magari fugare qualche dubbio.

Il piede

piedi nudi 01 Il piede è formato da 30 ossa che tra loro si articolano in un complesso sistema che comprende strutture tiranti e strutture stabilizzanti.

Proprio grazie a questa architettura il sistema articolare del piede basta a se stesso.

Nei secoli passati la l’uomo ha avuto la necessità di coprire i piedi a causa delle asperità del terreno che calpestava o per coprirsi dal freddo.

Oggi l’uso di calzature è una normale abitudine, ma spesso queste rispondono principalmente a dei canoni legati alla moda e non sempre rispettano le regole del comfort.

È un’idea comune quella di ritenere che camminare a piedi nudi sia benefico per lo sviluppo motorio e la biomeccanica del piede stesso, ma in base all’età ed alle condizioni fisiche e di salute del soggetto può essere la causa di patologie o di lesioni[1].

La struttura del piede cambia gradualmente durate la crescita e di conseguenza la sua funzione.

Nei bambini

Quello che è considerato normale quando si è giovani può essere fonte di patologie quando si è più avanti con l’età e viceversa (per esempio i bambini formano l’arco plantare entro i primi 10/12 anni di vita per cui una tendenza al piede piatto da piccoli è normale).

piedi nudi 02È importante da bambini abituare il piede a calpestare delle superfici sempre diverse (sabbia, erba, terra ecc.) per far adattare la struttura del piede alle varie caratteristiche del terreno e per uno sviluppo ottimale della struttura muscoloscheletrica del piede.

Ciò aiuta a prevenire patologie podaliche ed è utile a valutarne l’eventuale presenza osservando il bambino mentre cammina (per esempio nel caso di retrazione del tendine d’Achille o problemi morfo-disfunzionali).

Inoltre è un ottimo stimolo per il giusto sviluppo di tutte quelle vie recettoriali sensitive che fanno del piede un fondamentale “organo di senso”.

In età adulta

Nell’adulto la camminata a piedi nudi sarebbe da sconsigliare nel caso in cui c’è la presenza di patologie specifiche o di sovrappeso, l’uso di calzature flessibili, piatte, leggere e non costrittive sarebbe da consigliare.

Una calzatura con una suola piatta riduce del 24% la pressione sulla pianta del piede mentre una soletta anatomica lo abbatte del 44%.

piedi nudi 03I soggetti che presentano lassità legamentosa congenita o instabilità secondaria ad altre patologie potrebbero avere difficoltà a camminare scalzi a causa di una carente tenuta dell’arco plantare o dell’iperestensione del ginocchio.

Questo alla lunga può rappresentare una fonte di ulteriori problematiche ascendenti.


piedi nudi 04Il carico sulle varie ossa del piede deve essere distribuito nelle giuste proporzioni, nella fase di appoggio su entrambi i piedi, quando appoggiamo su un solo piede e quando “spingiamo” per fare un passo.

Un’alterazione di questo equilibrio potrebbe sovraccaricare delle strutture non adatte a tale compito, pensiamo per esempio alle metatarsalgie (dolore alla base delle falangi, soprattutto quando siamo in piedi), in cui il carico si concentra esclusivamente su una piccola superficie.


Attività fisica a piedi nudi

Diverso è se parliamo invece di attività fisica a piedi nudi.

Quasi tutti gli studi scientifici che trattano l’argomento ne misurano gli effetti sul breve termine, mentre degli esiti sul lungo periodo se ne sa ancora poco.

Affermare quindi che la camminata o la corsa a piedi nudi abbia degli effetti benefici soprattutto a distanza di tempo non è tutt’oggi certo, così come non è possibile affermare che sia dannoso.

Rimane un argomento controverso che si presta ad ulteriori dibattiti e che necessita di successive ricerche ed approfondimenti.

Alcuni approfondimenti

Sono molti gli elementi discordanti:

  • La velocità della camminata e la presenza di problematiche preesistenti spesso non viene presa in considerazione, e questo crea confusione sui risultati finali degli studi.
  • Camminare a piedi nudi crea un impatto maggiore sul terreno e questo crea una forza di “contraccolpo” dal suolo verso il piede. Non è stato chiarito però se questa sia la causa di eventuali infortuni o sovraccarico.
  • La cute della pianta del piede di chi abitualmente cammina scalzo è spessa e dura. Questo forse spiega perché la distribuzione del carico plantare è migliore, ma non essendo stata considerata la velocità della camminata non si può fare chiarezza al riguardo.
  • Camminare scalzi su superfici non regolari può favorire la formazione di callosità o lesioni cutanee che alla lunga possono essere fonte di dolore e quindi di distribuzione anomala del carico, oltre che di eventuali infezioni cutanee.
  • Alcuni dati riportano che la morfologia del piede può modificarsi a favore di un piede più ampio se si cammina troppo scalzi, ma non viene presa in considerazione l’eventuale lassità legamentosa o il pesò del soggetto. Camminare scalzi però tende a rinforzare i muscoli intrinseci del piede.
  • È stato spesso discusso se l’uso di calzature, soprattutto se strette, può essere causa di alluce valgo, ma recenti studi hanno determinato che questo è solo uno dei fattori predisponenti, in alcune tribù primitive che non usano calzature sono stati comunque riscontrati dei casi di alluce valgo.
  • Ci sono scarse evidenze che confermano che l’abitudine a stare scalzi fin da piccoli riduca il rischio di piedi piatti, anche se una ricerca fatta confrontando gli adulti africani (più abituati a camminare scalzi) rispetto agli europei afferma che i primi hanno archi plantari più alti dei secondi.
  • Gli atleti di alto livello che sono abituati a gareggiare scalzi (pensiamo ai maratoneti) non sembrano avere perfomance migliori di chi invece gareggia con le calzature.
  • Gareggiare scalzi fa aumentare drasticamente il carico sull’avampiede e questo può predisporre a fratture metatarsali da stress. Nonostante sembra non esserci relazione diretta con altri tipi di infortuni.

Per quanto riguarda gli effetti sul breve periodo gli studi ci dicono che sia negli adulti che nei bambini l’attività fisica frequente, particolarmente la corsa, praticata a piedi nudi potrebbe favorire l’esordio di patologie articolari anche a distanza (come per esempio nel ginocchio), anche se è dimostrato che favorisce il minor dispendio di energia.

Patologie e benefici della camminata a piedi nudi

Da un punto di vista clinico alcune patologie sembrano beneficiare della camminata a piedi nudi (particolarmente quelle a carico del ginocchio come le tendiniti, il sovraccarico dei muscoli posteriori della coscia e la fascite plantare), mentre in altri casi è utile camminare con le calzature (nel caso di tendinite del tendine d’Achille o a carico dei tendini del polpaccio).

In definitiva dalla letteratura scientifica attualmente presente non è possibile giungere a conclusioni definitive.

Alcuni testi anche autorevoli incoraggiano a stare scalzi e camminare su superfici diverse altri invece consigliano di indossare le calzature anche quando siamo in casa.

Alla luce di quello che è stato descritto precedentemente possiamo affermare che una risposta definitiva non c’è. Come spesso succede i medicina ogni singolo caso va valutato in maniera specifica.

Camminare scalzi può essere utile (soprattutto quando parliamo di bambini o soggetti giovani), ma attenzione a quelle situazioni in cui c’è la presenza o la tendenza a soffrire di patologie a carico del piede.

piedi nudi 05Scegliere la calzatura adatta

La vita moderna ci “impone” l’uso delle calzature, soprattutto perché spesso calpestiamo superfici non adatte per camminare scalzi.

Non siamo quindi abituati a camminare scalzi, e quando lo facciamo senza la giusta gradualità possono presentarsi problemi dati dal sovraccarico articolare improvviso o problemi a carico dei tessuti.

È ovvio che le calzature che si utilizzano devono essere sempre comode e confortevoli e se a volte si cede alle “necessità modaiole” (come le scarpe con il tacco o particolarmente strette) deve essere un’eccezione e non la regola.

La buona salute del piede dipende spesso anche da una condotta igienica corretta:

  • È buona regola tenere sempre il piede asciutto, il piede umido o bagnato rende la cute più fragile ed esposta all’ingresso di batteri o funghi.
  • Evitare di camminare scalzi se si hanno tagli, escoriazioni, irritazioni di vario genere, micosi.
  • Utilizzare sempre prodotti adatti e certificati (smalti, creme ecc.), quelli di scarsa qualità possono provocare reazioni cutanee o irritazioni.
  • Se si è esposti al sole utilizzare sempre una crema che protegge dai raggi ultravioletti, così come si fa per le altre zone cutanee esposte.

[1] Hollander K, Heidt C, VAN DER Zwaard BC, Braumann KM, Zech A. Long-Term Effects of Habitual Barefoot Running and Walking: A Systematic Review. Med Sci Sports Exerc. 2017;49(4):752-762. doi:10.1249/MSS.0000000000001141

reflusso gastro-esofageo e terapia manuale feat

reflusso gastro-esofageo e terapia manuale feat

Oggi parleremo del reflusso gastro-esofageo e di come la terapia manuale possa rappresentare un valido contributo al suo trattamento.

Come si manifesta il reflusso gastro-esofageo?

Il reflusso coinvolge il contenuto dello stomaco che invece di proseguire verso l’intestino tenue (il duodeno), risale verso l’esofago. I succhi gastrici hanno una concentrazione molto acida e questo irrita le pareti esofagee che non sono ricoperte da uno strato muscoso che le protegge, così come avviene invece in ambiente gastrico.

Fisiologicamente la risalita dei succhi gastrici è impedita da uno sfintere, il cardias, che si apre nel passaggio del bolo alimentare e si richiude proprio per evitare il reflusso.

reflusso gastro-esofageo e terapia manuale 02Gli studi sulle cause del RGE concordano su quelli che sono i fattori chiave che generano tale condizione, sicuramente va considerata l’incontinenza (quindi l’incapacità di contrarsi in maniera efficace) del cardias.

Il motivo può essere dovuto all’incapacità diretta di questa valvola di chiudersi ed aprirsi in maniera corretta, o indirettamente causata da una inibizione del diaframma, l’esofago infatti perfora in muscolo diaframma prima di entrare nella cavità addominale, quindi è estremamente soggetto ai cambiamenti della normale funzione del principale muscolo della respirazione.

Altro fattore importante è il gradiente di pressione tra la cavità addominale e quella toracica, lo squilibrio di queste pressioni è alterato per esempio dall’obesità, da patologie addominali (che coinvolgono altri visceri), dalla posizione seduta protratta nel tempo (la posizione seduta aumenta la pressione addominale, soprattutto se utilizzano cinture o abiti stretti, e questo aumenta la spinta pressoria verso l’alto quindi verso il torace).

I sintomi del reflusso gastro-esofageo

I sintomi sono vari e possono essere comuni anche ad altre patologie, quindi in prima battuta possono trarre in inganno il clinico.

reflusso gastro-esofageoTra questi abbiamo:

  • Rigurgito e/o bruciore retrosternale
  • Dolore alla bocca dello stomaco o irradiato sul torace (e spesso anche al collo e al dorso)
  • Tosse secca
  • Laringite
  • Singhiozzo
  • Gonfiore addominale
  • Respiro sibilante
  • Nausea post prandiale (vomito)
  • Sensazione di asma
  • Erosione dentale

La diagnosi

gastroscopiaLa diagnosi del medico di base o dello specialista si basa sulla raccolta dei sintomi e segni clinici e si può avvalere di indagini strumentali come la PH-metria per misurare l’eventuale iperacidità dell’ambiente gastrico ed esofageo, la gastroscopia si utilizza invece per valutare lo stato irritativo della mucosa esofagea e gastrica, la presenza o meno di erosioni o di ernie iatali che spesso sono associate al RGE.

Il trattamento del reflusso gastro-esofageo

La terapia consiste in prima battuta nel cambiare le abitudini igienico-sanitarie del paziente (alimentazione, situazioni di stress emotivo, eccessivo utilizzo di farmaci come gli antinfiammatori, ecc) eliminando quindi gli eventuali fattori di rischio e poi valutare o meno l’utilizzo di farmaci specifici.

Oggi l’utilizzo di nuovi approcci terapeutici ha preso sempre più piede, la psicoterapia ne è un esempio come la neuromodulazione o la terapia cognitivo-coportamentale, non ultima la terapia manuale può essere di grande aiuto a di supporto alla terapia farmacologica ed eventualmente alla riduzione di questa.

La terapia manuale

I dati scientifici rispetto all’utilizzo della terapia manuale come rimedio al RGE sono molto confortanti soprattutto per quella che è la riduzione dei sintomi e questo già può avere un impatto estremamente positivo sul miglioramento della qualità di vita del paziente.

Gli ultimi studi parlano di un miglioramento medio del 37% dopo una settimana e del 73% dopo un mese (in base alla problematica le sedute di solito sono una o due a settimana).

Inizialmente è bene continuare la eventuale terapia farmacologica e poi confrontarsi con il medico di riferimento per una riduzione o sospensione.

Ma come può la terapia manuale aiutare a gestire una patologia che riguarda i visceri?

I visceri come ogni altra struttura del corpo è avvolta da elementi anatomici che li sostengono, che li rendono più o meno stabili o più o meno mobili a seconda delle proprie funzioni o necessità, sono raggiunti da numerosi vasi sanguigni e sono drenati da altrettanti vasi, per non parlare della struttura muscolare che gli avvolge e del sistema nervoso che ne gestisce le funzioni.

Con la terapia manuale si può lavorare su queste strutture affinchè il viscere migliori le sue funzioni e ritrovi la sua normale fisiologia.

terapia manualeIn particolar modo, rispetto al RGE il trattamento (che deve essere sempre modifica e personalizzato in base al paziente) prevede:

  • Liberare le tensioni muscolari e legamentose della colonna cervicale e dorsale in prima battuta e successivamente della zona lombare e del bacino.
  • Migliorare la mobilità della gabbia toracica, particolarmente della zona attorno alla bocca dello stomaco, quindi lo sterno e i bordi costali bassi.
  • Allentare tutte le tensioni del torace a carico delle strutture fasciali e legamentose.
  • Gestire la funzionalità del diaframma, in quanto muscolo va valutato e tratta la sua tensione o la sua poca efficacia.
  • Allentare le tensioni a carico dello sfintere gastro-esofageo (cardias) per impedire il reflusso verso l’alto dei succhi gastrici, allentare le tensioni dello sfintere gastro-duodenale (piloro) per facilitare lo svuotamento dello stomaco.
  • Migliorare tutta la mobilità dell’area gastrica e del duodeno.
  • Regolare tutto il sistema di gestione delle pressioni tra addome e torace.
  • Inibire o stimolare il sistema nervoso autonomo, che è quello che gestisce di fatto la funzione dei visceri e regola tutte le attività autonome dell’organismo come la circolazione.

Questo tipo di trattamento è ben tollerato dai pazienti, non essendo per niente invasivo, inoltre può essere risolutivo di altre problematiche che oggi sono molto frequenti come le cervicalgie o le dorsalgie.