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MANIPOLAZIONE VERTEBRALE

I pazienti ai quali viene proposto, all’interno di una seduta di terapia manuale, una tecnica che prevede la manipolazione vertebrale hanno reazioni diverse.

Conosciamo la manipolazione vertebrale

MANIPOLAZIONE VERTEBRALENella mia esperienza ho avuto pazienti che sono spaventati da un gesto che sembra apparentemente invasivo, o magari hanno già avuto spiacevoli esperienze con altri colleghi poco attenti o poco esperti, o semplicemente sono poco informati rispetto al tipo di intervento terapeutico e si lasciano convincere dalle dicerie di qualche conoscente o peggio dalle solite fake news che girano nel web.

Poiché è nostro compito quello di far chiarezza per rendere il paziente sempre partecipe dell’atto terapeutico, approfitto prendendo spunto da un bell’articolo[1] trovato su una rivista on-line per fornire notizie che possono essere utili a chi si rivolge agli operatori sanitari che usano la terapia manuale e nello specifico le manipolazioni vertebrali.

Le tecniche di manipolazione vertebrale

Esistono un centinaio di tecniche di manipolazione vertebrale usate dai chiropratici, ce ne sono altrettante sicuramente in ambito osteopatico e inoltre dobbiamo considerare tutte le tecniche di terapia manuale vertebrale in ambito fisioterapico.

La metodologia tecnica è strettamente legata al tipo di formazione che l’operatore ha seguito, al tipo di impronta pratica delle scuole o dei corsi di formazione e alla soggettività di chi esegue la tecnica.

Io ho sempre affermato che non esiste la tecnica perfetta, ma la tecnica è giusta se applicata con criterio clinico e metodologico.

Perché utilizzarla?

MANIPOLAZIONE VERTEBRALELo scopo finale delle tecniche manipolative è quello di recuperare o comunque migliorare la funzione dell’articolazione, in questo caso le articolazioni tra le vertebre, riducendo il dolore e sul lungo periodo l’infiammazione.

L’effetto diretto è quello riflesso sul muscolo che ridurrà la sua rigidità, e sui tessuti attorno all’articolazione stessa che aumenteranno la loro elasticità, con un importante afflusso di sangue attorno alla zona trattata.

Nell’articolo viene riportata la differenza tra manipolazione spinale intesa come una tecnica che prevede l’uso della forza, e la mobilizzazione spinale che prevede un approccio più gentile.

Devo specificare che è una descrizione che non mi piace e non condivido.

La manipolazione spinale DEVE essere una tecnica poco o per niente invasiva, spessissimo il paziente non ha dolore ne fastidio, non si contraddistingue per l’uso della forza ma della velocità di esecuzione e se l’operatore è esperto, spesso anch’essa è caratterizzata da un approccio “gentile”.

“Aiuto…il CRACK!!!”

CrackAlcuni pazienti si fanno spaventare dal caratteristico CRACK che accompagna la tecnica, dobbiamo fare quindi chiarezza anche su questo.

Intanto non è corretto dire che la tecnica è andata a buon fine solo se si sente il crack, quello è esclusivamente un effetto fisico dato dal rilascio di gas (ossigeno, azoto e anidride carbonica) da parte dell’articolazione, tecnicamente di chiama cavitazione.

A volte questo effetto non si ha ma l’input articolare è comunque sempre lo scopo della tecnica.

RamboOltre che dal “rumore” articolare i pazienti sono spaventati da alcune notizie che circolano sui media e che descrivono la tecnica come pericolosa o addirittura mortale (come si vede in qualche film in cui l’eroe super muscoloso annienta tutte le guardie con un colpo ben assestato che SPEZZA il collo), c’è da dire che ormai sono molti gli studi scientifici che dimostrano come sia raro un effetto avverso dato dalla manipolazione spinale, e spesso parliamo di situazioni in cui era preesistente una condizione clinica non nota al paziente e men che meno all’operatore sanitario e che rappresenta una controindicazione alla tecnica.

A proposito di ciò, come qualsiasi applicazione terapeutica, anche la manipolazione spinale avrà le sue indicazioni e le sue controindicazioni che l’operatore deve bene tener presente durante la raccolta dei dati anamnestici che farà al paziente durante il primo incontro.

Mettersi nelle mani giuste

Dott. Andrea Lo Stocco OsteopataUn consiglio importante è sempre quello di rivolgersi a professionisti di cui si può avere la certezza del percorso formativo svolto, tale da rispettare i canoni ufficiali.

Questo oggi si può fare tranquillamente andando a consultare gli elenchi degli ordini professionali o delle associazioni o registri di categoria che sono pubblici.

Un paragone che può sembrare forzato ma che rende l’idea è che anche un chirurgo può essere pericoloso con un bisturi ma se addestrato ad usarlo salva delle vite.

È nostro compito informare sempre i pazienti su quello che andiamo a fare e tranquillizzarli qualora ci fosse la necessità.

Far capire che alcune pratiche o tecniche che apparentemente sembrano pericolose o invasive di fatto non lo sono e soprattutto che sono soltanto una parte di quello che si fa durante una seduta terapeutica.

[1] https://www.spine-health.com/treatment/chiropractic/understanding-spinal-manipulation

 

cruralgia feat

Tra le patologie radicolari, ovvero, quelle che colpiscono la radice dei nervi della colonna lombare sicuramente la sciatica è la più frequente insieme alla cruralgia.

L’origine della cruralgia

Oltre allo sciatico, dal plesso nervoso lombare partono numerosi altri nervi tra questi c’è il femorale che se coinvolto in un problema radicolare o lungo il suo decorso dà una sindrome detta CRURALGIA o NEVRALGIA FEMORALE.

È un quadro clinico meno frequente appunto della più comune sciatalgia, interessa la radice nervosa L3-L4, di solito all’origine ci sono cause meccaniche.

Questo segmento vertebrale, particolarmente la vertebra L3 è la più mobile della colonna lombare, vi passa la linea di gravità che attraversa il corpo umano ed è un punto di compensazione delle disfunzioni ascendenti e discendenti.

I sintomi della cruralgia

Cruralgia 01I sintomi possono essere quelli di una irritazione radicolare come il dolore e le parestesie (formicoli, torpore, ecc) o di compressione radicolare (dolore persistente e molto acuto, alterazione della forza, della sensibilità e dei riflessi).

La zona colpita è quella anteriore della coscia dal bacino al ginocchio (differentemente dalla sciatica che coinvolge la parte posteriore della coscia e può arrivare fino al piede).

Le cause

Tra le cause più frequenti di nevralgia del femorale c’è sicuramente l’ernia discale, seguono le patologie degenerative a carico della colonna come l’artrosi e l’ispessimento dei tessuti molli attorno alle articolazioni vertebrali che creano una stenosi del canale di passaggio del nervo.

Alle cause meccaniche bisogna aggiungere le cause che possono coinvolgere il nervo alla sua uscita dalla colonna vertebrale.

Il nervo femorale è anteriore alla colonna e scende davanti ai corpi vertebrali, in profondità nell’addome passando vicino al muscolo ileo-psoas, davanti ad esso troveremo tutto il pacchetto viscerale addominale, poi diventa superficiale all’altezza della zona inguinale.

La contrattura del muscolo psoas (molto frequente) oppure problematiche a carico dei visceri come il colon o l’intestino possono coinvolgere il nervo e causare una nevralgia.

Cruralgia 02

La diagnosi della cruralgia

La diagnosi differenziale va fatta relativamente a patologie a carico dell’anca o del ginocchio che possono mimare il sintomo doloroso o a patologie a carico dell’apparato viscerale (acute o meno), per esempio il dolore da appendicite coinvolge la zona anteriore della coscia destra proprio per la vicinanza del nervo all’appendice, oppure i dolori dati dal ciclo mestruale.

Cruralgia 03La valutazione si basa sulla sintomatologia descritta dal paziente, supportata da test specifici per definire bene la causa del problema, l’attenta raccolta dei dati anamnestici e la storia clinica del paziente sono fondamentali.

Tutto deve essere correlato da esami radiologici che in questo caso trovano nella risonanza magnetica l’esame principale.

Il trattamento

Sia le cause meccaniche che quelle viscerali possono trovare un ottimo alleato nella terapia manuale.

La gestione della corretta meccanica della colonna vertebrale con l’uso di tecniche manuali passive sulle articolazioni, sui muscoli e le fasce e l’utilizzo dell’esercizio terapeutico nella maggior parte dei casi riducono i sintomi fino alla loro definitiva scomparsa.

Nel caso di ernie importanti che sono destinate all’intervento chirurgico, le terapie pre e post chirurgiche permettono al paziente di gestire i sintomi prima dell’intervento e favoriscono un recupero ottimale dopo.

Come ormai accertato da numerose pubblicazioni scientifiche, le tecniche manuali applicate ai visceri favoriscono la motilità del viscere stesso (migliorando per esempio la peristalsi) e la mobilità reciproca tra il viscere e quelli vicini.

Nei casi per esempio di stitichezza questo favorisce lo svuotamento del tubo digerente diminuendo la rigidità delle sue pareti, la stasi gassosa, venosa e linfatica che spesso sono all’origine dei fastidiosi gonfiori addominali.

Come già premesso, nel caso di una nevralgia del femorale, dato il passaggio anatomico del nervo, l’aspetto viscerale va sempre preso in considerazione.

Parliamo oggi della sindrome cervicale post-concussiva, purtroppo molto di attualità considerando il periodo…

GUARDATE CHE BEL TUFFO … DI TESTA

Durante il periodo estivo si frequentano spiagge e piscine e spesso capita, soprattutto agli adolescenti, di lasciarsi andare in maniera goliardica o distrattamente e tuffarsi in punti dove il fondale è basso.

Si va a colpire così il fondo sabbioso o quello di una piscina con la testa.

Cos’è la sindrome cervicale post-concussiva?

Quello che succede tecnicamente è una concussione (o commozione) cerebrale che può avere degli esiti anche di grosso rilievo neurologico.

Oppure creare delle problematiche alle zone anatomicamente vicine alla testa come la zona cervicale che direttamente “assorbe il colpo” o “subisce il colpo”.

In entrambi i casi si può venire a creare la così detta sindrome cervicale post-concussiva, nella quale sono coinvolte le strutture muscolari, legamentose, i dischi intervertebrali o addirittura la struttura ossea.

Questa sindrome è caratteristica di alcuni sport in cui si verificano contatti ravvicinati ad alto impatto come il football americano.

SINDROME CERVICALE POST-CONCUSSIVA 01Iniziamo con il definire bene la concussione.

E’ un trauma indotto da un impatto ad alta velocità della testa (trauma cranico) con una forza assiale che può indurre una flessione o una estensione forzate del collo (diverso dal colpo di frusta in cui non c’è un trauma diretto sulla testa).


I sintomi della sindrome cervicale post-concussiva

Può generare sintomi lievi come un piccolo ematoma fino a problemi che coinvolgono in maniera seria le strutture intracraniche.

Questi soggetti si rivolgono in prima battuta alla medicina d’urgenza sottoponendosi a tutti gli accertamenti specialistici del caso.

Fortunatamente spesso non vengono riscontrate problematiche gravi e il paziente viene rimandato a casa.

Escludendo i traumi che coinvolgono direttamente le vertebre cervicali, come fratture o lesioni ai tessuti molli che sono di pertinenza medico chirurgica, immediatamente dopo il trauma oppure dopo ore o giorni si possono manifestare sintomi che coinvolgono la colonna cervicale.

I sintomi cervicali post-concussivi possono essere identici a quelli di una classica cervicalgia acuta (vedi tabella).

Quando il paziente si presenta da noi professionisti della salute prima di ogni cosa è necessario in fase di anamnesi chiedere se c’è stato un recente trauma, ed in tal caso mandarlo subito dal medico specialista di riferimento prima di ogni trattamento.

 

Sintomi comuni tra la sindrome post-concussiva e la cervicalgia
Rigidità del collo
Cefalea (emicrania)
Vertigini, instabilità e disturbi dell’equilibrio
Irritabilità
Disturbi del sonno
Acufeni
Difficoltà cognitive, di attenzione e di concentrazione

 

Nei casi di sindrome cervicale post-concussiva, i sintomi più comuni sono le vertigini e la cefalea, per le prime ci sono motivi propriocettivi (sensoriali) mentre per la seconda il motivo è dato dal meccanismo di irritazione dei centri del dolore.

SINDROME CERVICALE POST-CONCUSSIVA 02Le vertebre cervicali alte hanno una forte connessione neurologica con i centri dell’equilibrio a livello del sistema nervoso centrale.

Le conseguenze

Dopo un trauma cranico in cui la forza meccanica coinvolge anche le vertebre cervicali (particolarmente quelle più alte) si crea quella che in termine medico si chiama neuroaprassia, ovvero un trauma del nervo senza processo degenerativo delle fibre nervose (la neuroaprassia di solito si riduce da pochi giorni ad alcune settimane dal trauma).

Da un nervo aprassico partirà un segnale anomalo che raggiungerà i centri nervosi superiori ed il segnale di ritorno sarà non coerente e svilupperà la sensazione vertiginosa o di instabilità.

SINDROME CERVICALE POST-CONCUSSIVA 03La relazione neurologica delle prime vertebre cervicali è altrettanto intensa (in termini di ripercussioni post trauma) con i nuclei centrali del trigemino.

Questi se sensibilizzati possono dare una sintomatologia emicranica da dolore riferito di origine cervicale. Inoltre si associa la forte componente di contrattura muscolare che alimenta il circolo vizioso del dolore.

Come spesso avviene nelle sindromi post-traumatiche, anche nella sindrome post-concussiva si verificano dolori miofasciali e tensioni muscolari che coinvolgono la zona interessata dal trauma e quelle vicine.

I muscoli più coinvolti sono i trapezi e i muscoli sub-occipitali alla base della nuca che si contraggono in modo anomalo ed alimentano la rigidità, la “pesantezza” nucale e le cefalee.

Nel caso specifico del tratto cervicale questa condizione dolorosa genererà la riduzione della capacità di compiere movimenti sia semplici che complessi.

SINDROME CERVICALE POST-CONCUSSIVA 04


La cura della della sindrome cervicale post-concussiva

I pazienti con sindrome cervicale post-concussiva devono necessariamente ricorrere a cure fisioterapiche per ridurre i sintomi correlati ed evitare che questi possano cronicizzare.

È importante sottolineare come sempre l’importanza dell’anamnesi, e quindi della corretta raccolta dei dati del paziente e il suo inquadramento clinico.

Le giuste domande, i test clinici precisi e una puntuale valutazione ci permettono di lavorare ed essere efficaci, senza rischi per il paziente e quindi in estrema sicurezza.

 

Articolo presente anche su: apainstitute.it